etica

L'etica venatoria.

La definizione di etica è: "la scienza, teoria del dovere, alla quale corrisponde nella pratica la morale, è stata variamente concepita nel corso del tempo". Volendola applicare alla caccia, viene quindi ed in primo luogo recepita la comune educazione civica ovvero la morale alla base di ogni rapporto umano. Questa viene quindi integrata, perfezionata, aggiornata sulla scorta delle più recenti conoscenze ed impostazioni, con la codifica di norme specifiche più approfondite ed adeguate alla situazione corrente, quindi pure alla realtà sociale del momento. In altre parole, l'etica del cacciatore italiano non sarà la stessa di quello del Cameroun ! Stabilito quindi che "etica" equivale a comportamento educato, civilmente corretto, responsabile, pur riferito all'attività svolta, nell'osservarla ci faremo altresì soccorrere dal buon senso. Di seguito, una breve sintesi di norme che intendiamo recepire.

Il saluto All'incontro: il comune "Buongiorno!"; lo specifico "Salve, Cacciatore !"; l'adottato "Weidmanns'heil !". Al commiato, gli augurali: "In bocca al Lupo!"; "Weidmanns'heil gut!"; "Lovski blagor!"; "Dober pogled in ravne cevi!". (Siamo a Nord-Est)

L'abito E' gradito in foggia e pregio adeguati alla realtà sociale ospitante ed all'ambiente, preferendosi comunque quello che esprima maggiore e discreta "signorilità" senza esibizionismo. E' in ogni caso intonato ed adeguato al "look" venatorio, preferendosi i colori verde, marrone, grigio. Come premesso, l'abbigliamento del cacciatore è "codificato" dalla realtà sociale ospitante. E' pertanto un abito di foggia "civile" in una riserva signorile; "sportiva" nella consuetudine del nostro "Revier" e potrà essere "costume" nel corso delle assemblee comunque intese. Nota che talune associazioni indicano ai loro aderenti un particolare abbigliamento che per foggia e diffusione potrebbe fraintendersi "divisa". In realtà questi abiti differenziano un dall'altro, per il qual motivo sono e rimangono "costume". Divise sono state indossate soltanto da cacciatori inquadrati in corpi armati istituzionali. (NO : tessuto mimetico o "camo", abito vistoso o inadeguato.)

Il cane. E', deve essere, "educato". Sta in pubblico correttamente, senza recar disturbo ai cacciatori ne ad altri cani. Per solo esempio, una femmina in calore non va condotta presso soggetti maschi. Viene ammesso alla caccia comune quando, sempre per solo esempio, consente la ferma e cerca indipendentemente. Più particolarmente, lo si attiene all'etica cinofila, riferita allo standard di lavoro della razza. E' controllato dal conduttore che gli propina quanto necessario. (NO : interventi da parte di terzi, salvo caso di estrema necessità !)

Il compagno. E' quello scelto -non può essere imposto- e gli si usano i riguardi e le confidenze normalmente usati nella vita civile. Se, in senso più largo ed in ossequio a usi, normative o necessità, ci troviamo a cacciare con compagni meno affiatati, usiamo forme di galateo più ricercate e quindi siamo gentili, altruisti, educati. Per solo esempio, cediamo il tiro; invitiamo nell'area migliore; nei casi dubbi, cediamo il capo; cediamo il passo agli ospiti ed agli anziani; ci informiamo se vogliono sostare; ecc. Durante l'esercizio di caccia limitiamo il dialogo. Incontrando altri cacciatori, salutiamo cortesemente ma brevemente. (NO : invadere l'area del compagno o le zone impegnate da altri cacciatori; usare qualsiasi prepotenza; dilungarsi in convenevoli, spiegazioni, discussioni inopportune che possono rimandarsi a fine caccia. NO : vantare abbattimenti impropri; intervenire sul tiro altrui -salvo esplicita richiesta-; recuperare la selvaggina altrui -salvo esplicita richiesta-.)

Ospiti. Rispettiamo, nell'ordine, le leggi e consuetudini del Paese in cui cacciamo; le consuetudini, anche d'altri popoli, utili ed adottate per rispetto della selvaggina; le norme, usi e costumi vigenti nella riserva in cui cacciamo. Ci adeguiamo pertanto a quanto ci viene indicato. Se partecipiamo a battute organizzate, possiamo onorare il Revier ponendo il Bruch sinistro. Il nostro ospite è sacro. Evitiamo di imporre i nostri usi. Evitiamo altresì di demandare compiti od obblighi, anche solo morali, che sono di nostra pertinenza. Non abbiamo ripensamenti e non poniamo limiti che non siano stati chiariti in precedenza. Per il riguardo dovutogli, l'ospite entra per primo nel campo buono, fa il primo tiro all'ungulato, trova la colazione pronta, non é assillato dal carniere, non pulisce la spoglia, ecc.: siamo pertanto suoi consiglieri, guide, portatori, garzoni e quant'altro necessiti. I suoi limiti sono gli stessi nostri. Entro questi, ci attiviamo per offrire una giornata confortevole, fruttuosa, etica, ecc. Gli facciamo conoscere la zona e le infrastrutture, lo assecondiamo nei suoi desideri sin ove possibile, lo presentiamo agli altri soci, lo omaggiamo del Bruch, gli organizziamo il "battesimo" , lo facciamo partecipare al ritrovo di fine caccia. Nulla, a nessun titolo, gli richiediamo. A seguito di giornata fruttuosa, lo omaggiamo di un capo di piccola selvaggina o di tutto il carniere. Della "grossa" selvaggina gli appartengono, senza alcuna eccezione: il trofeo, la "barba", le "perle"; della spoglia, se suddivisa, gli riconosciamo una parte significativa, "signorile", come si conviene a quel "signore" che è il nostro ospite.

L'arma. E', deve sempre essere, efficiente. In particolare controlliamo e curiamo le magliette e la bretella di sostegno, come pure i percussori e la sicura. La usiamo "misurando" bene il tiro. Distinguiamo quindi i due filoni principali: arma da fuoco a canna rigata, arma da fuoco a canna liscia. Viene qui tralasciata l'arma elastica da lancio, molto apprezzabile per le diverse doti che richiede all'arciere, meno per gli esiti, lo stesso motivo che viene imputato alle tagliole o alle schiacce.

Queste due grosse categorie si distinguono non solo per la diversa destinazione d'uso ma soprattutto per la specificità della munizione e delle prerogative che la stessa offre all'utilizzatore che in una caccia "cavalleresca" o "sportiva" che dir si voglia persegue obiettivi solo apparentemente diversi. Illuminante ed emblematico è l'uso dell'arma combinata e la pretesa di eticità di chi l'usa, tanto a palla che a pallini.Scontato che la nostra "morale cavalleresca" intende riservare al selvatico una via di fuga -quale sia- ad ogni tipo d'arma, ricerchiamo per ognuna di queste l'atteggiamento più consono. Beninteso, con la determinazione dell'efficacia del gesto risolutore. Questa ricercatezza ci fa apprezzare le peculiarità della specie e del soggetto particolare, predisponendoci a indulgenze onorifiche come il rassetto delle penne o del pelo, l'esibizione della penna o del Bruch, quant'altro vogliamo riconoscere al nostro "avversario". 
Utilizzando una canna liscia, lasciamo alla preda l'opportunità di levarsi in volo o scattare verso il rifugio più vicino. Teniamo questo comportamento consapevoli che difficilmente schiverà il nugolo di pallini che le indirizzeremo. Pallini che saranno adeguati alla mole e resistenza della specie, caricati in una cartuccia di prestazione ottimale sparata entro un'anima suscettibile di contenere la rosa ovvero espanderla a distanza prestabilita. La scelta è dettata dalla necessità di non ferire inutilmente con una rosa sguarnita o straziare una preda troppo prossima. In gergo, utilizziamo armi e cartucce "adeguate" all'azione e alla specie evitando di ricercare elaborazioni che svuoterebbero di "morale" la nostra azione. 
Quanto anzidetto, vale come linea di principio. Vi sono attività nelle quali questo viene derogato cedendo privilegio all'uccisione certa. E' il caso della caccia primaverile al gallo, un'azione di avvicinamento o d'attesa in ambienti che tanto spesso hanno pendenze talmente rilevanti che un eventuale, inopportuno ferimento, darebbe modo alla preda di allontanarsi per centinaia di metri, spesso già morta "in ala", irrecuperabile. Ecco quindi che il secondo dei nostri "comandamenti" sopravanza il primo per permetterci di prelevare correttamente quel vecchio maschio in eccesso che altrimenti comprometterebbe la riproduzione. In talune realtà viene concepito il tiro a palla, su soggetti inavvicinabili, perchè l'etica deve essere ragionata, mai fine ad un principio talora inopportuno. 
Usando la canna rigata, a ragione, non azzarderemo colpi suscettibili di ferimento ed allontanamento. Pure in questo caso, quello che dianzi abbiamo visto essere il "secondo comandamento" imperativamente risulta il "primo". I sensi della preda erano pur all'erta, le nostre fatiche non sono state puro "sport", possiamo colpire certi d'aver già concesso tutti i benefici. Tale scambio di valori può risultare ostico solo a chi usi l'uno o l'altro tipo d'arma mentre è prassi consolidata in quanti usano armi "combinate". 
Pure nel caso della canna rigata, notiamo qualche eccezione. La "caccia alla posta", di per se stessa inetica, a ragione dei suoi fini diventa perfettamente rispondente. Infatti, non andiamo a prelevare casualmente bensì ad accertare e "selezionare" un capo da individuarsi secondo precise regole di gestione. 
La pallottola non sfugge a considerazioni già espresse per i pallini. Deve essere adeguata alla mole e resistenza del selvatico, montata su una cartuccia di prestazione sufficiente allo scopo. Quanto ai congegni di mira, per essere rispondenti evidentemente devono essere di prim'ordine e opportunamente tarati. 
Riprendendo il filo della "cavalleria" o "sportività", negheremo questi attributi morali a chi faccia uso di certe attuali produzioni che vogliono aggirare il limite di calibro nella canna liscia, essendo il loro fine quello dell'effetto a maggiore distanza, contrapposto al tiro corto ricercato dal cacciatore, per l'appunto, etico. Allo stesso modo e per le stesse ragioni negheremo questi attributi a chi faccia uso di canne rigate che camerino cartucce suscettibili di lanciare il proiettile a distanze a cui la nostra presenza non possa essere percettibile alla preda. Entrambi questi basilari concetti non devono mai mancare nel bagaglio culturale del Cacciatore degno di questo appellativo. (NO : caricare l'arma se non si attua azione di caccia; portarla carica -seppure aperta- attraversando strade, saltando fossi o dirupi, in prossimità di abitazioni o luoghi di ritrovo; portarla sbadatamente, buttata a spalla, a mo di bastone o comunque con imperizia e pericolosamente; appoggiarla -e mai carica- soprattutto verticalmente; tenerla chiusa -pur se scarica- quando non si caccia; fidarsi della "sicura" -la miglior sicurezza è un'arma scarica-; puntarla -comunque- verso cacciatori come verso cani, selvaggina diversa da quella consentita, aree di vegetazione impenetrabile, strade, abitazioni, ferrovia, funivia, ecc.; "accompagnare" il selvatico che "incrocia" il compagno -alza le canne-; passarla carica a chicchessia -e comunque mai dal lato della canna-; usarla come mazza o supporto per finire la preda; portare un'arma carica in macchina, sul trattore, sul carro; tirare se non si vede il selvatico.)

La selvaggina. Appartiene a chi ha colpito per primo -in ogni e qualsiasi caso- e quindi all'eventuale feritore -finche questi non interrompa la ricerca-! Quella abboccata dal nostro cane la consegniamo al cacciatore che l'ha colpita. Se il feritore sospende la ricerca, ci onoriamo consegnando la preda ritrovata. Offriamo sempre tutte le indicazioni utili al ritrovamento. Offriamo altresì l'aiuto della nostra persona e del nostro cane. Risolviamo eventuali e indesiderati casi dubbi con la verifica del pallino o della palla, la verifica dell'angolazione di tiro e della traiettoria. Finiamo la selvaggina in modo adeguato, prima possibile, senza procurarle ulteriori sofferenze o danni. Riponiamola e trasportiamola con cura, trattandola contestualmente come prezioso dono di natura e pregevolezza alimentare. La evisceriamo o starniamo immediatamente. La facciamo dissanguare e raffreddare. La celiamo alla vista di estranei. La depositiamo quanto prima. Se abbiamo chiesto aiuto, sarà nostro preciso dovere rimborsare le spese vive. Se queste saranno declinate, ne sarà certo gradito il riconoscimento simbolico. L'antica consuetudine di rimborsare la cartuccia si integra quindi con quelle che sono le moderne spese p.e. di viaggio. A chi ci soccorre nel recupero, offriamo il Bruch, pure per il cane al quale sarà apposto dal conduttore. Ove il cacciatore, a discrezione del recuperatore, sia stato tenuto estraneo all'azione, sarà il recuperatore stesso ad offrire il Bruch all'abbattitore. Tale pratica attiene primariamente al responsabile della Riserva, al socio più anziano, all'invitante ecc. Consideriamo estremamente disonorevole non attuare ogni opportuna forma di ricerca con tutti i mezzi a disposizione, quale sia il selvatico. Consideriamo il cacciatore che non effettua accurata ricerca del ferito, "immeritevole" d'ogni riconoscimento. Quando rinveniamo un selvatico, di cui a noi od altri, non sia stato preventivamente e doverosamente denunciato il ferimento, nulla riconosciamo al feritore, men che meno il trofeo! Presentando il "tableau" in occasione di battute, ripuliamo e ordiniamo tutte le prede, stendendo sul fianco destro i mammiferi, sul fianco sinistro gli uccelli. Nel corso della battuta, ricerchiamo il selvatico dopo che questa sia stata dichiarata chiusa -anche richiedendo a nostra volta aiuto-. Confermiamo -a vista- la posizione della posta a terra, ove impossibile, prestiamo la massima e costante attenzione. Le necessità impellenti e non derogabili le sbrighiamo sollecitamente e nell'immediatezza della posta. La vettura, come il trattore o il carro, la usiamo con parsimonia e solo per il trasporto di carichi pesanti, attrezzature ingombranti, recupero della selvaggina di grossa taglia. La lasciamo parcheggiata in area pubblica, dove non procuri intralcio. Utilizziamo la nostra, non quella dell'invitato. Tutti gli attrezzi sono mantenuti efficienti per la nostra stessa ed altrui utilità ma pure sicurezza: i ferri taglienti sono affilati; le scale, così come i palchi di qualsiasi tipo, sono mantenute in stato di solidità; corde e cordini sono integri; i contenitori e le valvole dei carburanti sono verificate periodicamente. In ogni caso, mai utilizziamo attrezzatura inadeguata. (NO : recarsi presso il tiratore chiamandolo a voce, il selvatico potrebbe essere ancora capace di allontanarsi! Tirare su selvatico levato o ferito da altro cacciatore -se succede, dovete scusarvi e cederlo-, pure se l'altro vi è sconosciuto; "rubare" il tiro al vicino; impossessarsi della preda senza merito; ricercarla -sinchè il feritore non desiste- o quando non ci sia richiesto l'intervento; lasciarla soffrire inutilmente; maltrattarla immotivatamente; usarla con noncuranza -sia pure per addestramento-; lasciarla alle sevizie dei cani; lasciarla integra, salvo si tratti di beccaccia -o esemplare da imbalsamare-; esporla al pubblico; vantarsi delle prede; vantarsi dei colpi; cercare scuse per il colpo mancato; gridare sull'abbattimento -o sul mancato-,già lo sanno tutti- e oltretutto potreste ritardare l'azione di recupero del cane; urlare al cane, spaventando la selvaggina; nel corso di una battuta, non spostatevi mai e per nessun motivo sino a che questa non sia stata dichiarata finita, il fucile va quindi scaricato in posta, così come era stato caricato; lamentarsi del posto assegnato, la volta successiva ne avrete un altro; ritardare l'azione dei compagni, se siete certi il selvatico sia caduto procedete nella ricerca fissando appuntamento per il successivo incontro; mortificare il compagno per un'imprudenza o disattenzione con discorsi più o meno farciti di saggezza -osservarlo intenzionalmente, scaricare il fucile e tenerlo aperto, volgergli la schiena-; abusi dell'eventuale "permesso di transito", tutti i cacciatori hanno pari diritti e a nes-suno fa piacere vedere un'auto in posizione utile per la caccia!)

Il diritto. Non sorprendiamoci, ci sono dei diritti che equivalgono ad obblighi morali. Dirigenti di qualsiasi società o ente, consiglieri, collaboratori nonché "verificatori", siamo in diritto-dovere di educare, ancor prima di tutelare tutti i nostri adepti o soci. Ancora, premesso che non esiste fauna senza ambiente, rispettiamo e teniamo in debita considerazione le componenti agricole, forestali, zootecniche nonché quali e quante altre, pur a vario titolo, fruiscono del nostro stesso bene "natura" . Inoltre, abbiamo il diritto-dovere di consigliare usi di rispetto per l'ambiente ed incremento della fauna, diffondendo la conoscenza delle forme venatorie meno impattanti, a tutti i cacciatori ma soprattutto a quelli di nuova leva. Pertanto, sollecitiamo pure il recepimento di quelle nozioni o tradizioni, pure d'altri popoli, utili al fine che ci prefiggiamo. Conosciamo, è ben vero, i diritti intesi in senso stretto ma l'adozione e l'uso di questi non necessita evidentemente di diffusione.

Eventi inusuali. Fauna rara protetta o esemplari contrassegnati. Li segnaliamo al Direttore o ai GC o, ancora, agli agenti del Corpo forestale regionale che provvedono a rilevarne le spoglie. Abbiamo così contribuito alla raccolta di informazioni utili alla conoscenza della specie. Notiamo come noi, per quanto esperti siamo, non disponiamo della messe di nozioni degli studiosi "di mestiere". Una rinnovata interazione tra questi e noi è quindi quanto mai auspicabile per la nostra stessa elevazione culturale. La nostra consuetudine di segnalare al Direttore -e da questi prendere nota o inoltrare - ogni strano accadimento (compresi gli spari sospetti), rientra nelle modalità operative di ogni cacciatore lungimirante, prima ancora che "etico". Il bracconiere. Si tratta generalmente di personaggio dotato di mezzi e "quasi" imprendibile. Nella pratica di caccia è difficile incontrarlo perché usa attivarsi nel cuor della notte, usando la vettura, i fari, il fucile. La pratica di questo tipo è particolarmente diffusa e le cronache ce lo confermano. Questo personaggio dev'essere combattuto con appostamenti, rilevazione della targa, comunicazione agli agenti di vigilanza o ai Carabinieri ai quali andiamo a richiedere, pur sotto nostra responsabilità, l'immediata perquisizione -anche domiciliare-. Il "vecchio" tipo, in via di "estinzione", fa uso di mezzi arcaici e silenziosi: tagliole, trappole, lacci, panie. I nostri regolamenti ci vietano persino di disinnescare questi arnesi (!) ma se "accidentalmente" dovessimo darci un calcio, riposizionando il laccio o facendo scattare il meccanismo, chi mai potrebbe contestarci? Vanno allarmati tempestivamente i GC. Altro discorso, il bracconiere "infiltrato". Lo combattiamo principalmente con le testimonianze dei soci, sottoponendolo a Commissione di disciplina. Epurarlo è un punto d'onore! (NO : rimuovere selvaggina presa al laccio o comunque uccisa. Cautelarsi contattando in anticipo il Direttore di riserva o i GC oppure, ancora, i Carabinieri!)

La tradizione: il Bruch . Il Bruch è una "rottura", quindi strappiamo il rametto. Il Bruch lo poniamo al lato destro del cappello, in caso di abbattimento. Al lato sinistro del cappello, in tutte le liete occasioni, per rendere onore ai vivi e a chi non c'è più. Sul feretro, estrema indicazione. (NO : obiettare il lato su cui è posto il Bruch, nella tradizione arcaica andava portato all'inverso, studia il compagno e cerca di darti ragione del suo gesto.)

La tradizione: il Weidmanns'heil! Incontro, porgiamo correntemente e civilmente la mano destra.. Congratulazioni, porgiamo la mano destra. Come notiamo nel "quaderno" dedicato al Bruch, questo viene porto sul cappello portato dalla mano sinistra mentre la destra va a stringersi. Brindisi, alziamo il calice con la mano sinistra -nella tradizione venatoria mitteleuropea-. (NO : la mano sinistra porta da taluni!).

La tradizione: Messa di S. Uberto. Si espande la consuetudine di far celebrare funzioni dedicate al Santo. Tali riti derogano dai classici canoni, p.e. presentano la particolarità di vedervi ammessi gli animali, di vedervi esposto simbolicamente il Cervo della visione, di essere accompagnati dal suono dei corni da caccia. Sul sagrato i "cornisti" si esibiscono, ben si vede, inalberando il copricapo -come pure gli altri partecipanti-. Diverso, dobbiamo ammetterlo, sarà il contegno nel corso della funzione, pur se a noi riservata ed il predicatore si soffermi specificatamente sull'etica relativa alla caccia ed all'ambiente. Siamo ammessi alla casa del Signore in qualità di testimoni della fede e come tali abbiamo a comportarci. Il nostro bellissimo copricapo adornato va levato per lo stesso segno di rispetto che intendiamo esprimere con la funzione! (NO : Animali ineducati o irrequieti. No : cappello in testa, non giova la tesi: "è una divisa" -innanzitutto perché, come abbiamo visto, di "costume" si tratta e secondariamente perché pure gli uomini in "divisa", quando credenti, usano ben scoprire il capo-!).

Il commiato. Gli invitanti ringraziano l'invitato per averli onorati con la sua partecipazione. L'invitato, ringrazia l'invitante, comunque sia andata la giornata -e non sbaglierà ringraziando pure gli altri soci: una buona riserva è un lavoro di equipe-. Accetta quanto viene offerto senza esimersi e ricambia l'invito. (NO : elemosinare altri inviti.).

Il Drahthaar ha rintracciato il capriolo: Totferbellen ! Un ausiliare eclettico è il compagno più caro in ogni stagione, purchè sia "corretto" !