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CIRCOLO FRIULANO CACCIATORI


Schema del disegno di legge regionale recante disposizioni per la programmazione faunistica e per l’esercizio dell’attività venatoria


Valutazioni e commenti

Se le valutazioni sulla precedente bozza di disegno di legge relativa ai medesimi temi era stata totalmente negativa, così come da documento recapitato alla Regione in occasione delle audizioni dei sodalizi venatori avvenute lo scorso mese di settembre 2006, purtroppo neppure il presente documento può ricevere commenti positivi.

Anzi, se possibile, si tratta addirittura di un peggioramento del testo che lo aveva preceduto.

In realtà riteniamo si tratti di un disegno di legge che non può in alcun modo subire emendamenti tali da renderlo accettabile, ma debba essere “cestinato” in toto.

Farraginoso, confusionario, virtualmente inapplicabile nella pratica, foriero di eterni contenziosi, contrastante con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico sono le definizioni che, a nostro modo di vedere, vanno ad esso attribuite.

Troppi, dunque, i difetti di fondo, per consentirci un commento sia pur blandamente positivo.

Tenteremo un commento puntuale, sia pure limitato ai punti più macroscopicamente deficitari.


Illegittimità

Se il testo precedente pativa di evidenti contrapposizioni con la Costituzione e con il Codice Civile in quanto prevedeva obbligatoriamente la costituzione di un’associazione alla quale tutti i cacciatori della regione avrebbero dovuto necessariamente aderire per poter andare a caccia ed alla quale attribuire facoltà gestionali pubbliche in materia venatoria, nel presente testo la situazione si è parzialmente modificata nei contenuti, ma non nell’illegittimità dei medesimi.

L’associazione dei cacciatori è stata sostituita dall’associazione delle riserve, dei distretti venatori, delle aziende faunistico venatorie e delle zone cinofile, prevista all’art. 20 dello schema di disegno di legge, ma risulta ancora una volta evidente l’impossibilità giuridica, per la Regione, di imporre la costituzione obbligatoria di associazioni private.

Il diritto non fa differenza tra persone fisiche e persone giuridiche e la disciplina, sul punto, è la medesima.

La Regione non può assolutamente legare, per obbligo di legge (art.. 14, c. 2 dello schema di disegno di legge), la concessione del territorio alle associazioni dei cacciatori chiamate riserve di caccia, al fatto che esse aderiscano all’Associazione delle riserve.

Contrasta, come detto, con l’articolo 18 della Costituzione e con l’articolo 20 della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, che sanciscono la libertà di associazione ed anche (forse sopratutto...) quella di non associarsi, come uno dei diritti fondamentali che non possono essere infranti.

Questa Associazione imposta, lungi dal risolvere i problemi di conflittualità esistenti nel mondo venatorio e sorti in larga parte sia per motivi strumentali di quanti si opponevano all’applicazione concreta della L.R.30/1999, sia per diffuse carenze professionali all’interno della burocrazia regionale, nonché per l’indisponibilità di troppi addetti agli Uffici regionali a prendere decisioni e soprattutto ad accollarsene la responsabilità, sarebbe fonte di conflitti di ben più vasta portata.

Inoltre, come appare lampante anche a quanti non sono addentro alle cose venatorie, è evidente che aumentare il numero di soggetti aventi una qualche competenza in materia, come avverrebbe attraverso l’obbligatoria costituzione dell’Associazione prevista dalla bozza, significherebbe non già diminuire, bensì accrescere il peso burocratico.


Disparità di trattamento tra situazioni uguali

Essendo le Riserve di caccia delle associazioni private, venendo esse assolte da qualsivoglia pubblica verifica sul loro operato e sulla correttezza dei regolamenti interni, trovando sostanzialmente un qualche blando controllo solo in un’altra associazione privata che è il Distretto venatorio, per di più composto solo dai medesimi direttori delle riserve che il Distretto dovrebbe controllare (errore già presente nella L.R. 30/’99), in cosa si differenziano dalle Aziende faunistico venatorie, che hanno esattamente le medesime caratteristiche sotto il profilo giuridico?

Trattandosi di due situazioni del tutto uguali, perché mai coloro che si associano e gestiscono venatoriamente, a seguito di concessione regionale, una porzione di territorio agrosilvopastorale come Azienda faunistico venatoria, devono pagare la tassa di concessione regionale di 5,11 euro all’ettaro (indicizzati), mentre coloro che si associano e gestiscono venatoriamente, a seguito di concessione regionale, una porzione di territorio agrosilvopastorale come Riserva di caccia non devono pagare nulla, anzi, possono ricevere consistenti provvidenze pubbliche?


Conflitto con la Legge quadro 157/1992

L’attribuzione di natura giuridica privatistica alla Riserva di caccia (natura che con la presente bozza di disegno di legge viene vieppiù accentuata rispetto alla già, sul punto, sbagliata L.R. 30/1999) la rende giuridicamente indistinguibile dall’Azienda faunistico venatoria e fa sì che l’intero territorio agrosilvopastorale della regione (contrariamente a quanto “furbescamente” si cerca di far intendere con il c. 5 dell’art. 2 della bozza di disegno di legge) venga sottoposto a gestione venatoria privata.

Ciò contrasta con le disposizioni della L. 157/1992, che prescrivono, per la gestione venatoria privata, un massimo del 15 per cento del territorio agrosilvopastorale.

Trattasi di un “impedimento impediente”, visto che la 157/’92 è una legge di riforma economico sociale e, come tale, ad essa devono uniformarsi anche le Regioni a statuto speciale.

Punto sul quale ha più volte avuto modo di pronunciarsi la Corte Costituzionale.

L’ostacolo potrebbe – forse (!!) - essere superato qualora ai Distretti venatori in cui sono comprese le riserve, fosse stata attribuita natura pubblica e fossero costituiti anche da esponenti di altre realtà sociali, come sindacati agricoli, associazioni ambientaliste ed enti locali, diventando, in sostanza, l’equivalente degli ATC previsti dalla L. 157/’92, ma questo nella bozza non è previsto e dunque il punto deve considerarsi in contrasto con la Legge quadro dello Stato.

 

Assurda moltiplicazione di sodalizi

La bozza di disegno di legge prevede che le riserve di caccia, le aziende faunistico venatorie e le aziende agrituristico venatorie si associno, da un lato, nei Distretti venatori e, dall’altro, nell’Associazione delle riserve.

Ci sembra, francamente, troppo!


Aumento di costi a carico dei cacciatori

Se la presente bozza diventasse malauguratamente legge regionale, i cacciatori del Friuli Venezia Giulia, oltre a pagare, come oggi, la tassa di concessione governativa, la tassa di concessione regionale, la quota annuale della riserva e l’assicurazione venatoria, dovrebbero sborsare denaro per mantenere i Distretti venatori, per pagare i tecnici faunistici professionisti di cui i Distretti dovrebbero servirsi per redigere ogni tre anni i Piani Venatori Distrettuali, ed infine la quota annuale dell’Associazione obbligatoria delle riserve.

Un peso economico che non tutti saranno in grado di sostenere e che, francamente, potrebbe essere giustificabile solo ed esclusivamente se servisse a porre sul territorio un servizio di vigilanza efficiente.

Cosa che non è e che, almeno stando alle premesse, in questa regione non avverrà mai.


Indebiti costi pubblici

La bozza prevede inoltre che sia i Distretti che l’Associazione delle Riserve, possano ricevere contributi pubblici per il loro mantenimento, fino al 60 per cento della spesa ritenuta ammissibile.

Il che avrebbe come conseguenza che la caccia – fenomeno ludico-sociale (anche elemento gestionale, ma solo nel caso della caccia di selezione e in quella di contenimento di specie in eccesso e di controllo dei predatori opportunisti) connaturato all’essere umano, ma del tutto volontario e non certo prescritto dal medico, o reso obbligatorio per legge - dovrebbe essere pagata dalle tasse, per quota parte, anche di chi a caccia non va e magari avversa totalmente l’attività venatoria.


Deleghe insufficienti a vantaggio delle Province

Le Province non sono adeguatamente valorizzate nelle loro attribuzioni, che risultano insufficienti, marginali e, in qualche caso – es. gli osservatori faunistici provinciali - prive di autentica potestà decisionale, per ottenerne una solo di facciata.

Si prevede inoltre che in futuro le Province possano venir private della vigilanza venatoria, per la costituzione del Corpo unico di vigilanza regionale.

Un passo che sicuramente è auspicabile, ma che dovrebbe comunque essere compensato a vantaggio degli Enti intermedi, con ben altre ed importanti deleghe ed attribuzioni, non solo per una maggiore efficienza amministrativa e gestionale e risparmiare denaro, ma anche per rispettare il dettato della L.R. 1/2006.

Agli Osservatori faunistici provinciali dovrebbe, a nostro giudizio, essere attribuito un complesso di compiti molto più pregnanti sia in ambito gestionale che di controllo.

Ad esempio dovrebbero essere gli Osservatori faunistici provinciali – e non studi professionali esterni - a redigere i Piani Faunistici Distrettuali.

Per fare questo bisognerebbe superare l’attuale distribuzione dei Distretti venatori in ambito sovraprovinciale, per ricondurli all’interno dei confini delle singole Province.

Tuttavia una simile attribuzione di competenze a vantaggio degli Osservatori, consentirebbe di ottenere maggiore efficienza gestionale e di evitare spese aggiuntive a carico dei cacciatori.


Controllo dei predatori opportunisti

Il controllo della fauna e dei predatori opportunisti viene previsto solo da parte delle guardie provinciali.

Evidente che esse hanno ben altro da fare che occuparsi di questo aspetto, pur importante, del problema gestionale.

In altre regioni, le province possono tenere dei corsi ed esami specifici per cacciatori, che vengono in tal modo nominati “coadiutori delle guardie venatorie per il controllo della fauna”.

Nulla di tutto questo compare nello schema di disegno di legge che, peraltro, evita accuratamente non solo su questo punto, bensì in linea generale, di copiare quanto già fatto con successo da altre amministrazioni regionali italiane e dai Paesi confinanti.


Scuola di caccia

Molto meglio sarebbe se la Regione evitasse di istituire una propria scuola di caccia.

Le sue strutture di Paluzza o di altre località potrebbero, invece, essere messe a disposizione delle associazioni venatorie e/o ambientaliste o delle Province che già abbiano o che intendano istituire le loro scuole di caccia e/o di gestione faunistica.

Dovrebbe essere questo – la cultura e l’etica venatoria e la loro diffusione – il compito delle associazioni venatorie.

Non la gestione, che mai può essere attribuita loro, proprio per evitare la coesistenza tra controllore e controllato.

Alle Province, poi, il compito di tenere le sessioni d’esame, secondo protocolli e standard approvati dall’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, affinché i relativi diplomi siano riconosciuti anche fuori regione, ottenendo l’equipollenza del titolo con quelli di altre regioni italiane e magari anche di Paesi esteri.

Vale, infatti, la pena di riferire, per chi non lo sa, che i nostri tesserini per la caccia di selezione sono considerati del tutto insufficienti in altre regioni ed i loro titolari non possono, infatti, cacciarvi se non sottoponendosi, preventivamente, ad altri corsi ed esami che attribuiscano loro la necessaria e riconosciuta competenza tecnica.

Sarebbe ora che anche la Regione Friuli Venezia Giulia facesse un passo deciso in questa direzione per non costringere più i suoi cacciatori a doversi vergognare dal confronto con i loro colleghi del resto d’Italia, e dal fatto che fuori dai propri confini essi vengono trattati come totali, inaffidabili incompetenti.

 

Conclusioni

In conclusione, si ribadisce che il giudizio del Circolo Friulano Cacciatori, in ordine alla bozza di disegno di legge in questione, è fortemente negativo e si ritiene che per far funzionare meglio le cose, in materia venatoria, basterebbero alcune semplici modifiche della L.R. 30, in numero non superiore alle dita di una mano.

Il problema principale, come emerge in tutta evidenza semplicemente leggendo il testo proposto, è dovuto al fatto che il funzionamento del settore venatorio e soprattutto la tutela e la buona gestione della fauna selvatica, patrimonio della collettività, non sembrano essere il primo dei pensieri del legislatore e dei suoi ispiratori.

Assicuriamo, peraltro, che, nel malaugurato caso la Regione non tenesse conto dei rilievi negativi che le stanno giungendo non solo da questo Circolo, ma da più parti e da ben altre istituzioni e desse ugualmente corso alle procedure del caso, trasformando la bozza in legge regionale vera e propria, questo sodalizio adirà tutti i livelli giurisdizionali ed istituzionali per impedire la catastrofe venatoria e faunistica che ne deriverebbe.


Marco Buzziolo
Presidente del Circolo Friulano Cacciatori