Il Circolo ospita ben volentieri testi coerenti con i suoi principi. Nel caso, osserva come gli estensori si diano ben 24 (ventiquattro!!!) mesi di tempo per poter incominciare a realizzare, con gradualità, l'unità del mondo venatorio. Esplicita ammissione di fallimento dell'associazionismo venatorio tradizionale ? Un associazionismo che, tra partite di giro per le assicurazioni, tessere e finanziamenti vari, ha maneggiato e maneggia ogni anno qualcosa come un centinaio di miliardi (!!!) per farci avere la caccia ed i cacciatori che ci ritroviamo. Bel risultato!! |
----- Original Message -----
From: UNAVI - Unione Nazionale Associazioni Venatorie Italiane
Marco Ciarafoni
Approvato all'unanimità dal Consiglio di Presidenza dell'Unione di martedì 27 novembre 2001
E' cambiata la caccia nel nostro
Paese.
Per le innovative regole nazionali e regionali che sono intervenute a partire
dal 1992 e che hanno fatto seguito ad una lunga stagione di scontri e
contenziosi culminati nei referendum. Ma anche e soprattutto per lo sforzo
culturale ed organizzativo, ancora parziale, prodotto dall'associazionismo
venatorio che ha favorito una concreta connessione tra le ragioni della caccia e
gli interessi generali della società.
Sulla caccia utile e responsabile sono state messe a punto politiche condivise
da parte di settori importanti della collettività e si è iniziato a costituire
un sistema di alleanze duraturo e convincente.
La società ha compreso la complessità dell'impegno riformatore ed il tentativo
di rispondere, anche attraverso l'attività del cacciatore, all'esigenza di un
ambiente migliore e ben governato e di favorire la ricerca di un equilibrio tra
macrotrasformazioni e qualità della vita, consumo e conservazione, economia ed
ecologia.
La società che cambia riflette criticamente sui falsi miti del consumismo
metropolitano, sulla competitività esasperata, sugli aspetti degenerativi di
talune innovazioni.
La globalizzazione dei mercati, le grandi trasformazioni tecnologiche e
l'accrescimento delle conoscenze scientifiche, se da un lato, rappresentano
nuove opportunità di progresso per la civiltà umana, dall'altro possono
provocare derive incontrollabili e degenerazioni sociali se non si inquadrano
nella strategia dello sviluppo sostenibile.
Rifuggendo da atteggiamenti catastrofisti e oscurantisti e partendo dalla
centralità dell'uomo per arrivare a determinare le regole armoniche di vita
nella natura, è necessario consolidare e mantenere ferme storia e radici delle
nostre popolazioni affermando i valori e le tradizioni del sistema della ruralità,
nel quale l'agricoltura di qualità e multifunzionale è motore fondamentale e
nel quale le attività umane, quali la caccia, sono parte integrante.
Il ritrovato ancoraggio ai valori della ruralità e alla vita delle nostre
campagne è il sintomo di una volontà equilibratrice di ordine culturale,
economico e strutturale. La stessa caccia, nel momento di maggiore espansione,
ha intercettato le prospettive del consumo rischiando di lasciarsi coinvolgere
da risposte ludiche e di quantità. L'originale percorso del sistema venatorio
italiano che discende da importanti momenti storici segnati dagli "usi
civici", dai "liberi comuni", dalla Carta Costituzionale ed,
oggi, dal nuovo ruolo delle Regioni e da normative imperniate sul principio
della fauna proprietà dello Stato, avrebbe potuto rischiare di frantumarsi
anche sotto il peso delle proprie responsabilità prima ancora di quelle delle
forze animaliste che, strumentalmente, hanno solo intercettato la presa di
coscienza ambientale di gran parte della popolazione. Una parte minoritaria dei
cacciatori ha reagito mostrando i muscoli in una chiave corporativa ed
autoreferenziale che ha solo acuito lo scontro e prodotto ulteriore isolamento;
la maggior parte dei cacciatori, di contro, nelle loro associazioni ha definito
un progetto riformatore che ha consentito il dialogo e ha favorito una nuova
legittimazione della caccia. Per far questo l'associazionismo venatorio ha
costituito, via via, un sistema unitario di riferimento che ha saputo essere
mezzo essenziale per difendere adeguatamente l'aggressione alla caccia.
Quel sistema unitario ha avuto il suo culmine nell'UNAVI che vince i referendum
e conquista sul piano normativo una buona legge sulla caccia improntata
schematicamente, come sostiene l'Eurispes, alla logica delle tre "P":
proteggere, produrre e prelevare, e contrapposta a possibili derive
consumistiche e mercantili.
La legge fatica a trovare immediati riscontri nella maggioranza dei
cacciatori che ne intravedono più le restrizioni immediate che le
prospettive future. Anche nella pubblica amministrazione, all'inizio, prevale la
routine. Meno impegnativo e più redditizio sul piano dei consensi limitarsi ad
approvare calendari venatori e a ripopolare il territorio con inservibile fauna
d'allevamento piuttosto che gestire il territorio e ricostruire il patrimonio
faunistico.
Fenomeno ancora oggi prevalente in diverse aree del Paese, soprattutto del
Centro e del Sud.
La pazienza di un lavoro gestionale, degli ATC e dei CA, architravi della
riforma, in particolare nelle regioni dove le associazioni hanno dialogato tra
loro costruttivamente allargando le alleanze e dove la caccia ha radici antiche,
consente, oggi, di apprezzare i risultati conseguiti tanto che, fonti autorevoli
e diverse da quelle venatorie (Eurispes e Ministero dell'Ambiente), attestano
scientificamente che non solo la fauna in Italia non è più a rischio ma che,
numericamente, costituisce un terzo di quella
presente in Europa.
La concertazione ed il mutuo riconoscimento, al di là dei facili integralismi e
delle posizioni ideologiche, sostiene l'Eurispes, sembrano essere l'unica
soluzione per la gestione di un problema caratterizzato da un così alto livello
di complessità.
E' in questo processo di cambiamento che l'associazionismo venatorio non è
riuscito a definire una nuova unità concepita come valore aggiunto di un fronte
coalizzato, dal centro alla periferia, dai vertici alla base.
Lo stesso accordo tra l'UNAVI e le Organizzazioni Professionali Agricole, di per
sé importante e qualificante, e parte integrante del presente documento, elenca
le problematiche sulle quali muoversi ma non indica le strade da percorrere e le
politiche da mettere in campo.
Non può dirlo, in realtà, poiché non è acquisita fino in fondo nel mondo
venatorio la supremazia dello stare insieme per affermare un progetto culturale,
per attestare un "linguaggio sociale". Prevalgono, di contro,
concorrenzialità, ricerca esasperata del tesseramento, il primato della
visibilità associativa. L'UNAVI non riesce a coagulare sul territorio le
associazioni, viene a mancare un filo solidale di caccia anche tra Regioni e
Regioni. Lo dimostrano i mancati accordi tra Regioni - seppure con l'eccezione e
i limiti dell'accordo delle regioni dell'Italia centrale -, il municipalismo
venatorio, calendari disarticolati tra loro.
Eppure c'è bisogno di un livello superiore di unità, che sia progetto e
servizio allo stesso tempo.
Un'unità capace di muoversi sulle direttrici della gestione unitaria del
territorio e della caccia sociale e popolare e che sappia affermarsi in un
quadro istituzionale di tipo federalista. Per questo c'è bisogno di unità al
centro e di unità a livello regionale
dove sono state spostate le primarie competenze dello Stato su caccia, fauna e
ambiente nel quadro, comunque, della centralità dello stesso Stato sulla difesa
e la valorizzazione dell'ecosistema.
C'è bisogno di una UNAVI che si organizzi su un livello verticale ma anche su
livelli regionali in un rapporto di interconnessione e di autonomie. Le UNAVI
nazionale e regionali divengono strutture concorrenti nella definizione delle
politiche venatorie e ambientali, legate tra loro dai riferimenti comuni
strategici ma con specifiche competenze collegate alle rispettive realtà che si
intendono rappresentare. In questa ottica l'UNAVI nazionale assume il ruolo di
coordinamento nella definizione e conduzione delle politiche e delle iniziative
a livello nazionale ed internazionale.
Le UNAVI regionali costituite per volontà delle Associazioni Venatorie (almeno
tre Associazioni in rappresentanza di 2/3 dei cacciatori iscritti alle
Associazioni costituenti l'UNAVI nazionale e operanti in regione) sulla base di
un progetto unanimemente condiviso relativo alle questioni ambientali,
faunistiche e venatorie riguardanti la Regione rappresentata.
Il funzionamento e la costituzione delle UNAVI regionali e la loro articolazione
sul territorio è disciplinata dai rispettivi statuti.
L'UNAVI nazionale riconosce alle UNAVI regionali, formalmente costituite e che
abbiano definito una sede operativa, un incentivo annuale organizzativo.
Le UNAVI regionali parteciperanno inoltre all'acquisizione, su progetti, di
specifici contributi ricompresi in un fondo nazionale alimentato dalle
Associazioni Venatorie che sarà ripartito, sulla base di quanto stabilito in
apposito regolamento, da specifica riunione annuale congiunta della Conferenza
delle UNAVI regionali e del Consiglio di Presidenza dell'UNAVI nazionale.
Di contro, sul livello nazionale, il progetto politico complessivo attorno cui
rilanciare una nuova stagione dell'esperienza di azione unitaria, a fronte del
nuovo quadro istituzionale e sociale, non può prescindere dal raggiungimento di
una unanime intesa tra le associazioni Venatorie sui punti di seguito indicati:
1-La valorizzazione della caccia come risorsa strategica - culturale,
gestionale, economica da mettere a disposizione del Paese per
l'elaborazione e l'attuazione di politiche di conservazione ed uso sostenibile
delle risorse.
2-La gestione dell'intero territorio agro-silvo pastorale ai fini faunistici e
venatori in armonia con l'interesse generale della tutela,
delle produzioni, del complessivo sviluppo economico e sociale del mondo rurale.
3-La qualificazione e l'estensione delle competenze e del ruolo degli ATC e dei
CA (definendo le forme di partecipazione di tutte le Associazioni alla loro
gestione attraverso specifiche modifiche legislative a livello regionale o la
costituzione, ad esempio, presso le UNAVI, di Consulte alle quali partecipino i
nominati negli ATC e nei CA e i dirigenti di tutte le Associazioni. In dette
Consulte si decidono unitariamente gli orientamenti e gli indirizzi sui temi
della gestione del territorio), che per svolgere al meglio le suddette, più
avanzate funzioni dovranno rapidamente costituirsi in una Conferenza Nazionale
permanente capace di "mettere in
rete" le esperienze ed elaborarle in progetti complessivi utili per
contribuire al governo del territorio. La Conferenza degli ATC e dei CA, per la
sua connotazione di ente la cui attività è finalizzata a soddisfare gli
interessi generali del Paese, ha la sua collocazione naturale, dal punto di
vista istituzionale, nella Conferenza delle Regioni con quest'ultima che, per i
nuovi ed importanti assetti federali di cui lo Stato si è dotato, anche alla
luce del risultato referendario, hanno assunto una competenza primaria sui temi
della caccia e del governo del territorio.
4-Allargare il sistema delle alleanze a cominciare dal rilancio sul piano
operativo del "tavolo per il buon governo del territorio" dando
concreta attuazione alle intese precedentemente sottoscritte. Occorrerà
stringere nuove intese con la parte più sensibile del mondo ambientalista e con
la Federparchi.
5-La crescita, in parallelo ai fenomeni delle modificazioni dell'assetto
statuale, di una coscienza e di una pratica federalista che
valorizzi i caratteri originali e peculiari in un contesto di rafforzata unità
nazionale che garantisca, fra l'altro, equità, equilibrio e pari
opportunità nella destinazione delle risorse e nella fruizione del territorio.
6-L'esame dello stato di applicazione delle leggi, a tutti i livelli, che
intervengono sulla pianificazione territoriale, faunistica e
ambientale, con particolare riferimento alle leggi 157/92 e 394/91 e alle leggi
regionali di recepimento, al fine di poter valutare i risultati conseguiti e gli
eventuali limiti applicativi. A tal fine meritano adeguate soluzioni talune
problematiche che già l'esperienza maturata ha evidenziato: · maggiori
competenze nel governo del territorio alle regioni, eliminando gli eccessi di
centralismo; · revisione dell'obbligo di
opzione per le forme di caccia; · revisione del sistema sanzionatorio; ·
adeguata definizione normativa delle aree contigue quali parti integranti dei
Parchi che consentano di garantire il rispetto delle percentuali sulla
ripartizione del territorio previsto dalle leggi. Nelle aree contigue la
gestione dei piani, dei programmi e della regolamentazione della caccia,
stabiliti dagli Enti istituzionali preposti, è affidata all'organismo di
gestione degli ATC e dei CA in cui ricadono le aree interessate, di intesa con
l'organismo di gestione dell'area naturale protetta; · modifica della legge
sugli incendi al fine di eliminare le parti pregiudizialmente contrarie alla
caccia e per valorizzare il ruolo dell'associazionismo venatorio nell'opera di
manutenzione del territorio e di prevenzione e controllo degli incendi; ·
modifica delle direttive comunitarie, adeguandole coerentemente con il principio
di sussidiarietà, per tempi e specie di caccia sulla base delle indicazioni
scientifiche e della necessità di prevenire i danni all'agricoltura; ·
incremento del ristorno alle Regioni, per progetti faunistici e ambientali
realizzati da ATC e CA, dei proventi della tassa di concessione governativa
pagata annualmente dai cacciatori.
7- Promuovere l'immagine della caccia, tramite campagne mirate e l'uso di mezzi
di informazione e comunicazione, a cominciare dal pieno decollo del sito Plutos.
8- Coordinare unitariamente l'attività sportiva - non riferibile alla FIDASC
con la quale sottoscrivere una specifica convenzione - con particolare
riferimento alle intese raggiunte con la FITAV.
9- Accordo fra le Associazioni in ordine alle coperture assicurative ed ai costi
finali delle tessere associative ed istituzione immediata di una banca dati sui
sinistri. In questo quadro occorre definire regole certe (comprese le possibili
"sanzioni") in ordine alla cessione ai soci cacciatori delle tessere
associative al costo concordato unitariamente.
10- Il rafforzamento sul piano internazionale delle intese con le altre
associazioni venatorie e gli altri soggetti interessati per giungere a
sollecitare unitariamente l'Europa e gli altri Paesi del Bacino del Mediterraneo
a stringere un accordo sul calendario venatorio e sui progetti comuni da
realizzare per la conservazione degli habitat e la ricostruzione del patrimonio
faunistico, con particolare riferimento all'avifauna migratrice da considerare
sempre più patrimonio internazionale della collettività.
11- Riscrittura di un nuovo Statuto UNAVI che metta meglio in sintonia l'azione
operativa con le novità introdotte dal presente documento, e che sia capace di
esaltare, in un quadro di riferimento unitario e solidale, la progettualità di
ogni singola Associazione come patrimonio complessivo dell'associazionismo
venatorio e che, comunque, valorizzi il valore di coalizione della UNAVI.
12- Tutte le Associazioni aderenti alle UNAVI nazionale, regionale e
provinciale, ai rispettivi livelli, hanno diritto di presentare, in quanto
Associazione, proposte, delibere, ordini del giorno etc, che impegnano l'Unione
nella sua interezza qualora riportino i 2/3 dei voti dei presenti aventi diritto
al voto.
13- Impegnare i nuovi organi dirigenti dell'UNAVI a realizzare quanto proposto
nel presente documento entro 24 mesi dall'elezione del nuovo Consiglio per
aprire successivamente, previe verifiche semestrali, una nuova fase che veda
nella ricomposizione del mondo venatorio un punto irrinunciabile anche
attraverso l'evoluzione dell'UNAVI verso una Federazione unitaria dei cacciatori
italiani, da costruire attraverso processi graduali e condivisi.